PERCHÉ LA GALLINA E NON IL GALLO?

Quito, 8 maggio 2013

Era un lunedí pomeriggio. Dovrebbe essere un giorno libero da impegni pastorali, come vuole la tradizione del clero ecuatoriano. Io stavo rientrando da “uffici” quando alla porta della casa canonica c’era un gruppo di persone in attesa. Scendendo dal furgone avrei scommesso che era per annunciare la morte di un familiare… E cosí é stato. Si trattava della morte di un bimbo nato prematuro. Entrando nei discorsi chiesi loro dove vivevano e mi risposero “San Juan”, una parrocchia vicina alla nostra. Io di botta “ E no. Non posso. Andate dal vostro parroco!”. Alla mia reazione é uscito un fiume torbido di delusione e stanchezza per i numerosi tentativi di comunicarsi con il loro parroco. Il lunedí ecuatoriano è cosí…

processione della domenica delle Palme

Respiravo la fede semplice di quelle umili persone con il forte desiderio di dare il saluto cristiano al loro angioletto. Ascoltando e ascoltando, sono arrivato ad ascoltarmi dando la mia disponibilitá per la benedizione al corpicino. Alla fine siamo partiti per un barrio (quartiere) che non avrei mai pensato che esistesse finché non ho respirato chili di polvere e schivato buche in quel suggestivo contorno rurale. Il terreno in quella zona costa ancora poco (per forza!) e la gente pur di avvicinarsi alla cittá compra appezzamenti che sarebbero esclusivamente per la coltivazione del mais. Le decine case sono tutte collegate allo stesso contatore della luce e dell’acqua.

la chiesa gremita per la Messa delle Palme

Entrati nell’abitazione abbiamo fatto un piccola celebrazione, vivace nella partecipazione e ricca di fede. E veniamo al dunque. Per ringraziarmi del servizio, secondo l’abitudine, hanno iniziato a offrire ai presenti un super piatto colmo di riso, pollo e verdure. Uscendo dalla casa, la signora piú anziana (suppongo la nonna del piccolo) mi ha mostrato con orgoglio il suo movimentato pollaio. Le faccio i complimenti per un enorme gallo che dominava sul pollame e inizia a rincorrere una gallina, la piú grossa e dalle piume nere nere. “Cossa sea drio fare?” mi dicevo. Una volta presa la gallina viene verso di me e mi dice “Questa é per lei padrecito. Gliela metto in una scatola e se la porta a casa. Vedrá che uova e che carne gustosa!”.

Sono scene avventurose che fanno sorridere peró credo che dietro a questo gesto di regalare la gallina ci sia quasi una riflessione teologica del “campo”. Perché l’anziana signora non mi ha regalato un gallo…o un coniglio…o un cuy (specialitá ecuatoriana)? E invece no. LA gallina piú grossa e che fa uova. Le uova che mi ricordano i ovi de Pasqua, simbolo di speranza, della futura nascita e della vita nuova. Guarda caso, proprio nel momento di un funerale la signora mi fa capire che la vita continua, qualcosa di nuovo nascerá dalla morte di quella piccolissima creatura. Penso di aver “fatto Pasqua” in mezzo alla realtá di quelle umili abitazioni del “campo”. Quella gallina (che tuttavia si nutre di mais spezzato) è una sintesi di tanti discorsi che a volte tento di fare… è il caso di dirlo: meglio una gallina oggi che tante prediche sulla vita e sulla speranza.

benedizione delle statue e immagini della Madonna

Il mese di maggio è ricco di appuntamenti per la nostra parrocchia. 153 ragazzi e giovani hanno celebrato la Prima Comunione. Recita del Rosario in numerosi barrios con il transito della statua della Madonna. Il 26 di maggio celebreremo i 15 anni della fondazione della Parrocchia. Un evento davvero importante per la Comunitá…che vive la freschezza dell’adolescenza.

il telaio del piano terra del Centro Pastoral

E la costruzione del Centro Pastorale continua! Salvo imprevisti dell’ultimo minuto dovremmo iniziare il nuovo anno pastorale nelle aule del piano terra. Se la Provvidenza ci aiuterá potremo completare l’opera con la costruzione del primo piano.

Nuovi racconti e aggiornamenti di vita missionaria alla prossima “edizione”.

Un carissimo saluto a tutti e a ciascuno.

p. Saverio

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CHIESA – AMBULATORIO

Questa mattina siamo andati a trovare Padre Angelito. La sua parrocchia si chiama Santa Cruz de la Esperanza, un pugno di case racchiuse tra un grande centro commerciale e lo stadio di calcio. Erano mesi che Padre Angelito non partecipava agli incontri del Decanato (il nostro vicariato). Padre Angelito in febbraio ha compiuto novanta anni, è il parroco, vive da solo, una signora gli prepara da mangiare e si preoccupa che prenda le medicine. Padre Angelito ha il diabete; una ferita a un piede lo ha costretto a un calvario tra centri medici e dottori. La ferita non si rimarginava. Un primo intervento di chirurgia plastica. L’operazione non è riuscita bene, un secondo intervento, antibiotici, creme … e la parrocchia da mandare avanti. È bello sentirlo parlare di come la gente lo ha aiutato e lo aiuta accompagnandolo su e giù per le scale dalla casa alla chiesa. Un dottore gli ha detto che deve camminare per lo meno mezz’ora al giorno, un altro gli ha detto che per colpa delle ferite non deve muoversi. “Ed io faccio una passeggiatina di quindici minuti così si arrabbiano entrambi, però solo un pochino” dice sorridendo con gli occhietti furbi. Ha voglia di parlare e racconta di come a settantacinque anni gli sia stato chiesto di essere il primo parroco di quella che prima era una cappellina di una zona malfamata. Racconta di come gli spacciatori nascondessero la droga tra le fessure del tetto della chiesa, di come i parrocchiani litigassero tra di loro durante i primi anni, di come sia riuscito a rifare il pavimento della chiesa con una donazione scritta nel testamento di sua sorella. Ascoltiamo, ha voglia di raccontarsi. Uno degli altri sacerdoti ha portato un dolce, la candelina a forma di punto di domanda. “Però padre Angelito, lei non può mangiare il dolce”, si ricorda il sacerdote arrossendo un poco mentre taglia le prime fette. “Taglia, taglia … piccolina però”, risponde sorridendo con gli occhietti furbi.

Prima di Pasqua per un pomeriggio la chiesa della parrocchia si è trasformata in un grande ambulatorio. I genitori del Collegio Einstein (uno tra i migliori e più cari di Quito) prima di Natale avevano accompagnato i figli a fare gli auguri al gruppo di anziani della nostra parrocchia. Parlando del più e del meno era venuto fuori che più di qualcuno aveva la sua clinica privata. “E perché non venite a visitare i bambini del CAE?”. Detto fatto. Due macchinoni tipo film americani, lettini improvvisati con i tavolini della catechesi, bilancia, stetoscopi, bottiglie di integratori, sciroppi per uccidere i parassiti nella pancia, medicine. Quattro dottori, due infermiere. Il fondo della chiesa s’improvvisa centro medico. I bambini intimoriti con la paura di dover subire una iniezione. I dottori affabili nel tentativo a volte riuscito a volte no di metterli a proprio agio. In quattro ore sono riusciti a visitare tutti i bambini del CAE, preparando una cartellina medica per tutti. I problemi sono quelli che anche un profano riesce a cogliere: malnutrizione e poca igiene. Si scoprono anche casi più gravi con problemi cardiaci per due piccoletti. I dottori si offrono per esami più approfonditi nelle loro cliniche super accessoriate. Non pagheremo un centesimo … “Per noi è una gioia” ci risponde la responsabile.

Primi mesi come parroco a “María Estrella de la Evangelización”. Alla gioia di vivere la settimana Santa accompagnando tutta la comunità a celebrare la resurrezione di Cristo con la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana per nove tra giovani e adulti si unisce la fatica a voler bene a tutte le scartoffie che la burocrazia statale richiede. Il processo iniziato in questi anni per regolarizzare proprietà, comodati e contratti adesso domanda di fare gli ultimi passi … pieni di numeri e di paroline scritte in piccolo. Forse mi toccherà fare un salto dall’oculista. Nuovo parroco e anche la nomina del nuovo papa. La gente ha accolto con sorpresa e molta gioia la elezione di papa Francesco. Il presidente della Repubblica è andato alla Messa di inizio pontificato in Piazza San Pietro e i giornali hanno mostrato qualche lacrima quando si è avvicinato per stringere la mano al papa. Già lo ha invitato in Ecuador, lo aspettiamo. Vi ringrazio per i molti auguri di Pasqua che mi avete inviato, un po’ in ritardo però grazie di cuore per l’affetto e il ricordo.

¡Hasta pronto!

P. Giovanni

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IL CENTRO PASTORALE IN 3D

Per rendere l’idea di come sará il Centro Pastorale “San Antonio di Padua”, inseriamo alcune immagini in 3D. Fino a settembre dovremmo accontentarci del primo piano, cioé metá di quello che si vede. Dopo si vedrá che cosa e come fare.

Intanto mettiamo al “cuerto” qualche classe in piú di bambini.

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POLTRONE SCRICCHIOLANTI

Martedí 12 marzo. Tra poche ore si riunirá il Conclave per eleggere il nuovo Papa.

Dall’altra parte del mondo abbiamo vissuto un grande scossone (penso come tutti) alla notizia della rinuncia di papa Ratzinger. Una doccia fredda che ha indotto credenti e non a riflettere sul gesto profetico del successore di Pietro.

Non ci resta che invocare lo Spirito Santo in queste trepidanti ore di attese: subito una fumata bianca o dovremmo assistere a ripetute di colore nero? L’importante non è avere un “papa subito” ma che sia scelto con profonda fede e intelligenza. Credo che ogni angolo del mondo faccia il tifo per il “suo” cardinale. Qua tifano per un papa latino-americano, ovviamente… Vedremo.

A pochi giorni dalla rinuncia di papa Benedetto, un susseguirsi di notizie di politica internazionale occupavano i telegiornali: l’Ecuador ha premiato per la terza volta consecutiva il presidente Rafael Correa. L’Italia come sempre negli ultimi anni vive una tremenda depressione: aspettando il nuovo governo, aspettando il nuovo Presidente della Repubblica… poltrone vacanti e sbranate dalla furia degli avvoltoi che pretendono impadronirsi di quella carcassa morta o di quel gnaro (nido). Pare che l’importante sia conquistare il potere privilegiando il proprio partito (alla faccia delle alleanze partitiche e della fiducia di governo per il Bene dei cittadini !). E intanto gli italiani continuano a lamentarsi e a piangersi addosso come un malato di depressione. Votano per disperazione e per ribellione: manca un minimo di panorama internazionale e cosí la maggioranza (frammentata) esige che i show men siano anche maghi, come se al colpo della bacchetta fossero capaci di risolvere i disastri italiani…

Pochi giorni fa è mancato anche il Chavez, presidente del Venezuela da 13 anni, tenacemente legato al potere fino all’ultimo respiro.

Poltrone scricchiolanti, mangiate dalle termiti, che da un momento all’altro ti catapultano a terra peró sempre tanto desiderate e ambiziose.

Ammiro la scelta profetica di Papa Benedetto. Ha riconosciuto con umiltá le deboli forze lasciando il timone della Chiesa. Quale politico, quale presidente è cosí saggio, intelligente e umile da riconoscere la sua inadeguatezza per il Bene del suo popolo?

Mi vengono alla mente le parole di Maria nella preghiera del Magnificat “ha rovesciato i potenti dai troni…”  Qualcosa nel mondo sta succedendo. Speriamo e preghiamo per un cambio!

Telegraficamente vi aggiorno dalla missione. Dopo il rientro in Italia di don Nicola, la visita dei genitori di don Giovanni, in casa siamo rimasti in tre: don Giovanni, Luigina e il sottoscritto. Giorno dopo giorno si affacciano vecchi e nuovi impegni (grovigli) pastorali-burocratici.

La Quaresima ci sta preparando alla Pasqua e alle celebrazioni dei sacramenti dell’ Iniziazione Cristiana. I ragazzi della catechesi sono davvero tanti! Siamo anche impegnati con la costruzione del Centro Pastorale “San Antonio de Padua” che giá da settembre dovrebbe offrire un luogo piú accogliente e funzionale per le attivitá della parrocchia. Confidiamo anche nella vostra collaborazione!

Scusate se ho interrotto il ritmo delle mie “edizioni” ma il tempo e la voglia vengono assorbiti dalla parrocchia.

A presto!

don (o padre) Saverio

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I COLORI DELL’ ECUADOR

Stefano e Giuseppina

Sembrava ieri 30 dicembre, il nostro arrivo, occhiali da sole, crema protettiva, maniche corte, rose, gerani, calle, il melo con i frutti e ibisco enormi fioriti ai 2600 m. di altezza dell’Ecuador, qui è inverno.

Un desiderio e un sogno: stare un po’ con Giovanni, Saverio e Luigina, condividere la loro nuova vita e visitare le spedizioni dell’Operazione Mato Grosso dove lavorano alcuni nostri amici. Ritorniamo dopo aver realizzato i due obiettivi.

Dimentichiamo il caos frenetico di Quito e Guayaquil che con gli oltre due milioni di abitanti non hanno nulla da invidiare alle nostre metropoli.

Ci accompagnerà in Italia il colore verde della SIERRA 3600-4200 m. Freddo, vento e umidità, si nota la povertà e la crudezza dell’ambiente, non c’e nessun tipo di riscaldamento nelle case. Le donne fanno gli stessi lavori degli uomini, i vari villaggi sono collegati da strade sterrate percorribili solo con fuoristrada oppure a dorso di cavallo, per trasportare i loro prodotti usano il lama o la schiena. Per andare a scuola i bambini devono percorrere molta strada a piedi con gli stivali di gomma per risparmiare le scarpe, i più piccoli hanno le guance screpolate dal sole, dal vento e dal freddo.

Il colore tra il grigio e il giallino del PARAMO sopra i 4400 m. dove vivono solo le vigogne e che si trasforma in pietraia brulla avvicinandoci ai 4800 m.

Il colore verde intenso del CAMPO sotto i 1600 m. foresta clima umido, freddo di notte, piove sei mesi l’anno. Anche in questa zona solo strade sterrate che diventano fiumi di fango quando piove, a nessuno interessa asfaltarle (data la povertà della zona) per rendere meno disagevole il collegamento tra le varie comunità che distano 3-4 ore dalla città più vicina. Non c’e possibilità di lavoro, quindi gli uomini lasciano la famiglia per rientrare raramente o addirittura non farsi più vedere.

Nella COSTA invece il colore che la fa da padrone (a parte le piantagioni di banane, cacao e risaie) è il marrone del fango, caldo umido e afoso baracche di legno su palafitte precarie e acque stagnanti, alternate da qualche casa in muratura di colore azzurro. Solo le vie principali sono asfaltate, qui sono concentrati i negozi e le varie botteghe. Non ti devi meravigliare se le persone, prima di entrare in casa, passano proprio sulle pozzanghere per lavarsi i piedi. Zanzare, insetti vari e caldo afoso tropicale.

A due ore di bus dal centro di Quito, dove abbiamo vissuto (2600-2800 m) ci sembra di essere in primavera, la gente si meraviglia di vederci in maniche corte perché è inverno, ma siamo sull’equatore. Qui predomina il grigio delle strade “adochinate” (al posto dell’asfalto ci sono dei mattoncini) e delle abitazioni senza intonaco, una o due stanze al piano terra, però con le colonne portanti che sporgono dal solaio perche c’è sempre la speranza di poter aggiungere un altro piano.

Ricordiamo l’interminabile viaggio (400 km in otto ore) per andare a Duràn, nella nuova missione padovana di d. Mauro, d. Gianpaolo e d. Daniele.

Le bancarelle multicolore di Otavalo e Mariscal, dove la venditrice ti propone un prezzo altissimo per il souvenir per poi iniziare la divertente e rituale trattativa e abbassare il prezzo di oltre la metà.

I ragazzi delle scuole professionali ci presentavano i mobili massicci da loro scolpiti a mano.

L’emozione di salire sul Chimborazo e stare sul punto più alto del mondo partendo dal centro della terra.

I piccoli orfani della “casa dei niños di Zumbahua che dopo averli conosciuti e giocato con loro per mezz’ora si sono piantati davanti alla porta per impedirci di uscire, ci ha stretto il cuore percepire il grande bisogno di carezze e sorrisi che desideravano.

Infine la coppia di anziani che alla Messa di saluto a d. Nicola arriva due ore prima, resta fuori al sole finché non inizia la cerimonia.

Vorremmo soffermarci sull’affetto che hanno dimostrato verso d. Nicola nell’interminabile festa di saluto, con canzoni, discorsi, scenette e balli personalizzati da tutti i gruppi della parrocchia.

Abbiamo notato che nelle persone è ancora vivo il ricordo di don Francesco il fondatore della parrocchia, quindi è gente che non dimentica il lavoro dei nostri missionari padovani.

Stefano e Giuseppina

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Incontro di gruppo a Duràn

Gli ultimi giorni del Pejo in Ecuador…

Prima che il buon Pejo ci lasciasse per tornare definitivamente a Padova (in realtà sulla neve dell’Altopiano), abbiamo vissuto (3-5/2)  un momento di incontro di gruppo a Duràn da Giampaolo, Mauro, Daniele per conoscere tutti insieme il nuovo fronte di impegno.

Tre giorni di cui due circa in furgone per Luigina, don Giovanni, don Saverio, Don Nicola,
Stefano e Giuseppina … 8 ore di viaggio per arrivare e altrettante per tornare. (Appena arrivati la Luigina smontando, con grande finezza, ha detto:  “valà, speta che fasso do’ passi… a gò el cueo quadro…”).

Nel tempo insieme, oltre alla visita degli ambienti della parrocchia e un giretto nella zona (barrio del Arbolito e del Guayco con le rispettive cappelle), abbiamo ricevuto con gratitudine la condivisione dei 10 anni in missione del Pejo (alias don Nicola De Guio) e dell’esperienza di don Daniele nelle comunità del campo in zona Atacames (vicariato apostolico di Esmeraldas), oltre che le prime impressioni della Luigina.

Non è mancato un momento solenne di festa: grande cena di pesce! (“Tuto bon… però a dire el véro.. Me sò alsà co’ un poco de fame” ha detto uno dei nostri alla fine).

Ed ecco a voi la foto ufficiale del gruppo Fidei Donum Ecuador 2012-13 nel cortile della parrocchia.

tutti insieme (con Stefano e Giuseppina, genitori di don Giovanni)

Quelli che restano…

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Duràn Duràn

Un amico giocherellone, saputo che saremmo arrivati a Duràn ha “raddoppiato” il nome per ricordare un famoso complesso della nostra adolescenza… è un complesso degli anni ’80, gli stessi anni in cui nasceva la parrocchia che abbiamo iniziato ad accompagnare.

Da metà gennaio siamo qui con don Giampaolo  e con don Daniele che è arrivato alla fine del mese.

“Qui” sarebbe per l’appunto la città di Duràn (300-400.000 abitanti), di fronte a Guayaquil (2.500.000-3.000.000), il porto dell’Ecuador.

È di fronte perchè due ponti in complessivi 3 km permettono di superare il fiume (bello larghetto, eh?).

La parrocchia che ci è affidata ha tra i 30 e i 50 mila abitanti … non abbiamo ancora contato il numero delle case…. E i numeri che ci han dato oscillano molto… dentro alla parrocchia “santa Marìa de los Angeles de la Porciuncula”, nata nel 1981 per il centenario della nascita di san Francesco, c’è il barrio chiamato “El Arbolito” che ha una cappella abbastanza grande, alcune aule (che una fondazione locale prossimamente ci lascerà/venderà), un terreno (che il municipio, passate le elezioni presidenziali, darà in comodato per 99 anni). Il vescovo ci chiede di costruire comunità con i (circa) 10-20.000 dell’Arbolito per costruire lì una nuova parrocchia.

 

Molti cambi:

Da una diocesi che aveva circa 500 anni (Quito) a una nuova, anzi nuovissima: compiamo 3 anni il 27 di febbraio! Chi vuole può vedere il sito della diocesi su: http://www.diocesisdesanjacinto.org/       Si chiama San Jacinto de Yaguachi perchè pur essendo un paesino piccolo ha un chiesone enorme che ben si prestava a essere cattedrale… però è un po’ fuori mano. La gente conosce di più la cittadina di Milagro (2-300.000 abitanti: come Padova circa!)

Da parrocchie “costruite” dai padovani a una parrocchia già esistente che ha 30 anni, è strutturata nei suoi gruppi, ha gente che è qui da parecchio tempo…

Da un vescovo che andavamo a cercare in occasioni ufficiali o per documenti in curia, a uno che si presenta suonando il campanello della canonica “per vedere se state bene, o se vi serve qualcosa… e vi ho portato in regalo una macchina da caffè”.

Dalle montagne fresche con clima perennemente primaverile alla costa calda (in questi giorni sono iniziate le piogge e la gente ha detto: che freddo cane! (c’erano 26 gradi!!). Oggi in stanza c’erano 31 gradi… Dalle 2-3 coperte di lana più copriletto, al “el lenzuolo sè sà massa”…

Dall’anno pastorale settembre-giugno e poi vacanze, all’anno pastorale aprile-dicembre… e adesso siamo in vacanze: sono appena finite le scuole, si fa la formazione dei catechisti in vista del prossimo anno, in marzo le iscrizioni alla catechesi che inizierà dopo Pasqua.

Se non ci sono più montagne qui siamo nel paradiso della produzione del Mango: felicità somma (almeno fino a febbraio…)

Ah, ho capito cosa vuol dire sudare sette camicie: ci si cambia la maglia varie volte al giorno, dunque, viva la lavatrice!!

In cambio: abbasso la scarsa potenza della pompa che non fa arrivare abbastanza pressione di acqua alla doccia al secondo piano… la cambieremo!! Almanco lavarse in pace!!

P. Mauro

Nel cortile della nuova parrocchia don Giampaolo e don Daniele

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LA PRIMA VOLTA A QUITO

Quito, 10 gennaio 2013

A cavallo tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013 sono venuti a trovarmi Marco e Silvia, amici carissimi.  A loro la parola … per condividere.

 

La prima immagine che ti viene in mente atterrando a Quito è la H di Helicopter. Quella grande H posta sopra ai grattacieli dove atterrano gli elicotteri. L’aereo scende talmente vicino alle case che cerchi di scorgere una A di Airplane. Dato che la pista sembra non esserci, si atterrerà sopra a qualche grattacielo. Non c’è, ma in qualche modo si atterra lo stesso.

Scendi dall’aereo e scorgi un sorriso amico tra la folla, il sorriso di don Giovanni, l’amico che da tempo non vedevi. La cosa bella dell´amicizia è che quando ti ritrovi è come se nessun tempo fosse mai passato.

Le vicende dei missionari padovani in Ecuador le abbiamo lette grazie alle mail e al blog, ma quello che si vede e si vive qui bisogna viverlo e sentirlo, perché … come dire … non puoi sentire il gusto della Nutella se te la raccontano o ti mostrano una foto.

La città alle 18.30 e già immersa nel buio, la prima impressione è il caos, il disordine, gente ai bordi della strada che vende frutta, case di un piano con ferri che escono perché si costruirà il secondo quando si potrà. Che è pur sempre un segno di speranza, a pensarci.

Quito ti attende con tante luci a illuminare la notte, la canonica è un insieme di abbracci e sorrisi nel ritrovare tanti amici, volti cari e conosciuti … don Giovanni, don Saverio, don Mauro. E volti nuovi che diventano cari … don Nicola, don Giampaolo, Luigina.

L’apertura delle valigie è una festa, è bello vedere come faccia piacere ricevere cose da chi è in Italia. Siamo accolti dalla festa dell’ultimo dell’anno coi ragazzi, qui si brucia il pupazzo dell’anno vecchio, l’Año Viejo. Migliaia di fuochi d’artificio, migliaia di pupazzi che bruciano: Quito si stende lungo tutta la valle sotto di noi e lo spettacolo è straordinario.

A scrivere queste righe scorrono davanti agli occhi migliaia di immagini e fa’ strano pensare che tra poco si riparte e si torna a casa, che ci si saluterà ancora una volta. Tanti chilometri percorsi, decine di volti, milioni di alberi, una natura spaventosa nella sua bellezza che ti riempie lo sguardo mentre percorri in auto l’Ecuador.

In breve tempo molte sono state le esperienze e le facce del paese che Giovanni ci ha portato a conoscere. Salinas è una comunità a 3600 metri, un esempio di come un popolo può uscire dalla povertà, creare un´economia propria. Tutto è organizzato in cooperative, l´utile viene reinvestito nelle migliorie del paese. C’è un caseificio, la fabbrica del cioccolato, la filatura della lana, il maglificio dotato di stanza per tenere i bambini mentre le mamme lavorano creando maglioni, la fabbrica di oli essenziali. Le persone arrivano dalle loro case disperse fuori il paesello e portano il latte munto quando da noi si è nel pieno dei sogni, portano alla cooperativa i funghi in pesanti ceste raccolte nei boschi. Ogni giorno così. Per arrivare a Salinas percorri una strada lunghissima dove si incontra poca gente, che sta salendo a piedi. A piedi. E´ bello e bucolico pensare alla camminata in montagna … ma qui per tanta gente non è propriamente una scelta bucolica. Per lo più, se si cammina, è perché si sta portando del latte alla centrale, con un bambino sulle spalle e il lama che ti porta il latte. Se sei fortunata. Altrimenti rimane il peso senza l´appoggio del lama. Bellissimo il lama, questo bisogna dirlo.

Per terra non sempre c’è asfalto ma terra, spesso umida. Salinas ti accoglie con un clima freddo che si mescola all’umidità e, visitandola, ti chiedi cosa ci sia di così straordinario per chi ci vive. Ma io sono di un altro mondo. Io il lunedì mattina arrivo in ufficio ed è freddo e tutti ci lamentiamo perché non si riesce a lavorare col freddo. Caccio il pensiero.

Guardo i volti delle donne, segnati dal freddo, le loro mani sporche di terra, la loro spalle avvolte in scialli che aiutano a trasportare contenitori o bambini. Le vedo arrivare al caseificio e svuotare il latte, gesti meccanici che da anni si ripetono uguali a se stessi. Un bambino bellissimo e sporco aspetta la mamma che svuota il latte, ma capisci presto che il concetto di pulito e sporco diventa molto relativo qui. Come fai a non sporcarti se le strade sono terra, i pavimenti delle case sono terra, l´acqua calda è un lusso. Ti senti turista, ti senti lontano. Bisogna camminare nelle scarpe di qualcuno per capire se sono comode o no. Ti sembra di non aver neanche lontanamente camminato nelle scarpe di chi abbiamo incrociato, ho soltanto camminato vicino a loro che camminavano.

Dopo Salinas, si sale a visitare una comunità a 4200 metri. Freddo. Pioggia. Freddo. Vento. Ancora più freddo. Boja che freddo. Ma i volti dei bambini all’asilo che ci guardavano non li scorderò tanto facilmente.

Torniamo a Quito. Arriva a cena Bepi Tonello con la moglie Teresa … insieme a padre Polo hanno dato vita a Salinas, e cambiato la vita di queste persone.

Da un paese sfruttato per ricavare il sale con un lavoro bestiale in cambio di un nulla, ad un paese che sta riuscendo a uscire dalla povertà attraverso il lavoro, l’organizzazione in cooperative. Il lavoro che diventa dignità e possibilità. Questa gente ha potuto comprare la terra dai padroni, con difficoltà ma senza violenza, perché violenza è sempre e solo violenza. Una comunità che ha saputo seminare il bene, non estirpare il male. E per l’ennesima volta ti si pone davanti la differenza tra vedere e capire. Abbiamo visto Salinas ma non l’avevamo capita. Bepi ce l’ha raccontata attraverso la sua storia. E Salinas non perde il suo volto duro, ma si apre ad una visone diversa. Sfoglio il libro di Salinas, le foto sono bellissime, i colori delle lane di alpaca, le donne che filano, i volti bellissimi dei bambini andini, con quelle mascelle rosse. Hanno ora un senso diverso, non riesco a guardarle senza provare un brivido di freddo e compassione, ma in questo sento che c´è un mio limite, perché quelle foto e quella gente raccolgono la forza, la dignità, la bellezza di uomini, donne e bambini che si sono conquistati la libertà e stanno camminando per questo.

E poi su verso Sua, verso Atacames. Per strade, palmeti e alberi di banane. E ancora palmeti, per chilometri e chilometri. L’incontro con padre Daniele che lavora nelle comunità “nel campo”. Da noi si direbbe “in meso ae brecane”. Ma parecchio in mezzo a tante brecane. Chilometri nella foresta, su strade sterrate di montagna, a volte impraticabili per mesi a causa delle piogge. La visita alla piccola comunità di Crisanto, spersa nella foresta, l´incontro con la catechista per decidere la data della prima comunione. E poi la celebrazione di una prima comunione nella comunità di Macará. Fango, tanto fango, peró la gente che arriva vestita con l´abito migliore. E ti trovi a condividere un momento di festa e a far parte di una messa spiegata in ogni suo gesto, perché la messa per noi è normalità, ma in certi posti, dove si può celebrare solo ogni 3 o 4 mesi, ricordarsi tutte le parti e il significato dei vari momenti non è scontato.

La messa di saluto a don Mauro e don Giampaolo che partono per Durán. Festa, tanta festa. Tanti canti a messa, si batte le mani e si ride a messa perché il canto è contagioso anche se non conosci le parole. E la gente che ti saluta e ti ringrazia perché sei amico del “padrecito” e ti abbraccia. Sorrisi, tanti sorrisi. Da una baracca esce una ragazza, saluta il padrecito e con un sorriso illumina la casa. Quale storia ci sia dietro quel sorriso non lo possiamo sapere, ma nonostante tutto non manca il sorriso.

Ti rendi conto che l’esperienza che stanno facendo qui don Giovanni, don Saverio, don Nicola, don Mauro, don Giampaolo, don Daniele e Luigina è qualcosa di grande.

Non è facile scrivere queste righe perché le immagini nella testa corrono più veloci della mano che scrive. Passare del tempo qui significa dare un volto, un colore, un profumo a ciò che leggi nelle mail e nel blog. Significa andare in chiesa in un altro continente, in un altro paese, con un’altra lingua e con una vita completamente differente da quella che viviamo ogni giorno. E significa andare in chiesa e sentirsi a casa, sentirsi parte di una comunità per quel breve momento in cui vieni accolto da sorrisi, saluti, strette di mano. Sentire che chiesa è casa.

Grazie a chi ci ha ospitato e grazie a Stefano e Giuseppina, meravigliosi compagni di viaggio.

¡Hasta luego Ecuador!

¡Hasta pronto Ecuador!

Marco e Silvia

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FELIZ NAVIDAD

Grazie per i tanti e belli auguri che mi state inviando in questi giorni.
in questo tempo restiamo con gli occhi del cuore ben aperti per lasciarci guardare da Lui.
“En brazos de una doncella un infante se dormía.
y en su lumbre parecía sol nacido de una estrella.”

Feliz Navidad

p. Giovanni

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Natale in cammino

Da quasi tre settimane son tornato a Quito per i cammini del cielo (con cambi di aereoporti per neve) a Quito dopo alcune settimane in Italia, in cui son stato un po’ pellegrino visitando (purtroppo) solo alcuni di tutti voi amici.

Il 10 dicembre scorso in pulmino con don Giampaolo le sette ore di viaggio per andare a farci conoscere e a conoscere la nuova parrocchia in cui lavoreremo dal 10 gennaio a Duràn (vicino a Guayaquil).

Giovedì scorso abbiamo avuto con Luigina la fortuna di accompagnare don Daniele a una celebrazione in una comunità del campo.

Montati in fuoristrada, dopo un’ora e mezza di scossoni ringraziando il cielo per non essere

ancora piovuto (ci raccontava don Daniele che i cavalli in certi punti entrano nel fango fino  alla pancia! E quindi non si passa… e niente Messa), siamo arrivati per celebrare 7 prime comunioni.

Tra due settimane, per l’appunto, il trasloco nella nuova parrocchia…

Sarà per questo che in questo Natale mi risuonano forti i verbi di movimento e l’immagine dei cammini e delle strade.
Giovanni Battista che ci continua ad invitare a preparare il cammino, Maria che si

incammina “presurosa” (in fretta) verso Elisabetta, Giuseppe e Maria che camminano verso Betlemme e di lì in Egitto, i Magi già da tempo in cammino su strade polverose, senza sapere bene cosa sarebbe poi successo…

…e tutti noi con loro che camminiamo da un “qui” a un “lì”

Un “Qui” che è geografico, ma soprattutto simbolico, interiore… e un “Lì” che è speranza di soluzione dei nostri problemetti e realizzazione dei nostri desideri profondi.
Sento che molti passi mi si muovono dentro e che altrettanti dovrò farne di fuori…

Da Quito a Duràn…
… dalle comunità conosciute e a cui voglio bene (Marìa Estrella de la Evangelizaciòn e San Lucas) ai “nuovi” (per me!) fratelli della parrocchia “Santa Marìa de los àngeles de la Porciuncula” …
Da una vita conosciuta e stabile (nelle abitudini, orari, relazioni…) a una tutta da inventare (dobbiamo davvero “metter su casa”: comprare le pentole, i piatti, i letti e materassi, ecc… ma questa mi impegno a raccontarvela, a mo’ di diario, in gennaio)…

Sento molto vicino Gesù e mi piace guardargli i piedi (anzi piedini!) nel presepio… Lui ha davvero camminato un sacco: dal cielo alla terra, dal “tutto perfetto e senza problemi” al “scampa da Erode, cerca lavoro, sii soluzione ai problemi dei tuoi fratelli, Sali sulla montagna della croce, dono di tutto te stesso agli altri”.
Nazaret, Betlemme, Gerusalemme, Padova, Quito, Duràn, il dentro di noi…
Quante scarpe (dentro e fuori dal cuore e dalla testa) abbiamo da consumare!
L’incarnazione di Gesù a Natale, che dà grande dignità e importanza ai nostri cammini di ogni giorno, mi da una marcia in più… mi fa capire che è importante, grande e bello camminare e seguirlo…

Sento che il suo volerci bene fa camminare più veloci e volentieri… è come andare in bici con un gelatino da gustarsi in mano… ecco, io mi sto già allenando!

Buon Natale, con le suole da consumare,a tutti!!

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