INCUBATRICE E GUACHIMANIA

Carla Valentina è nata prematura. Troppo prematura. La sua vita è in pericolo. Roberto, il papà, è catechista nella nostra parrocchia. Viene di sera, scende dalla moto che sempre lo accompagna e domanda se è possibile che vada con lui all’ospedale per battezzare la piccolina. Al lavoro non gli danno più di una ora di permesso. Il giorno seguente alle quattro del pomeriggio mi faccio trovare davanti all’ospedale. Lui arriva tutto di corsa. Parcheggia litigando con i poliziotti che alla fine capiscono che non è il momento più opportuno per fare una multa. Saliamo. Le infermiere ci fanno indossare camici bianchi e curiose cuffiette, lavare con cura le mani. Dove entreremo è un posto dove vita e morte lottano alla pari. Nella stanza si vedono tanti macchinari, schermi pieni di zig zag frenetici. Si sente il battito amplificato dei cuoricini dei bambini. È un rumore confuso, il ritmo non è regolare, ci sono istanti di silenzio che mettono ansia. Le infermiere ci lasciano da soli. La mamma non c’è. Lei sta soffrendo in un altro letto dell’ospedale. A lato dei numerosi macchinari vedo una scatola trasparente piena di cavetti e tubicini che convergono e si insinuano nel naso e nelle manine della bambina. È piccolissima. Non capisco bene con quanto anticipo sia nata pero intendo che non tutto si è ben formato. I dottori hanno detto a Roberto che la miglior cosa è pregare e sperare. In due iniziamo la semplice cerimonia. Il canto dei cuoricini fa da colonna sonora alle parole del Battesimo. Roberto prega con devozione, non piange ma si vede che ne avrebbe una voglia matta. Mi giro e con lo sguardo chiedo all’infermiera se si può aprire la porticina dell’incubatrice per posare una goccia d’acqua sulla fronte della piccolina. Scuote la testa. “Io ti battezzo nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo” con la mano bagnata faccio una croce sulla plastica dell’incubatrice. Le gocce scendono lungo le pareti di questa curiosa scatola formando sottili linee d’acqua che sembrano abbracciare la piccolina. Se è vero il detto che una benedizione attraversa sette muri questa non avrà nessun problema a raggiungere Carla Valentina. Roberto è più sereno, mi accompagna quasi fino all’uscita per ritornare in fretta davanti a sua figlia, per parlare con i dottori per continuare a pregare e sperare. Presto anche lui uscirà per correre a vedere come sta la sua fidanzata nell’altro reparto e poi salire in moto e volare al lavoro.

“Dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sarò in mezzo a loro” ha detto Gesù.

La guachimania è la casa del guardiano del cantiere e una volta termiati i lavori, se non viene distrutta, è la casetta degli attrezzi. Il posto dove si mettono le carriole, i badili, le zappe, il materiale che prima o poi potrà servire e intanto è meglio non lasciarlo fuori perchè non si rovini o venga rubato. È un magazzino piccolo con spifferi, ragni, umidità e mosche. Non sempre la pulizia è di casa nella guachimania… anzi. Non distante dalla cappellina di Moràn una guachimania è la casa dell’anziano Manuel. Non ha familiari, una quasi parente lo aiuta per misericordia. Manuel è anziano, il materasso del suo letto scricchiolante sono i sacchi neri dell’immondizia, il suo profumo è quello del sudore, le mosche sono le sue amiche. Miseria. Negli ultimi giorni la sua salute è peggiorata. Ha la febbre. La signora per pietà lo accudisce come può, chiama perchè possa ricevere l’unzione degli infermi. La accompagno. Nel breve tragitto racconta che Manuel non ha nessun parente, nessuno vuole aiutarlo. Lo fa lei ma è stanca perchè ha anche il lavoro e la sua casa. “Tutti mi fanno i complimenti ma come mi farebbe comodo che qualcuno mi aiutasse a lavarlo, pulirlo, cambiarlo”. Mi dimentico che la guachimania è bassa e entrando sbatto la testa. Anche qui siamo in tre: Manuel, la signora ed io. Anche lui non parla. Non c’è un vetro a separami dalla sua fronte ma uno strato di sporcizia e sudore. Anche qui c’è musica: il ronzio fastidioso delle mosche che non smettono di posarsi su di lui nonostante la premurosa attenzione della signora. La celebrazione è semplice, incorniciata dalle pareti che si attaccano al tetto con molti spifferi accogliendo appese pale, picconi e pezzi di ferro.

“Dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sarò in mezzo a loro” ha detto Gesù.

Hasta pronto

P. Giovanni

 

 

 

 

 

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