RIFLETTENDO TRA UNA PEDALATA E IL FIATO CORTO…

Quito, 24 marzo 2012

 

Sabato io e Byron (un animatore della parrocchia e collaboratore nel progetto C.A.E.) abbiamo fatto un bellissimo giro in bici: 40 km di puro sterrato e natura fantastica. Senza sapere, nel nostro pedalare, abbiamo analizzato un tema: la povertà. Siamo partiti raccontandoci alcune esperienze come quella di Guido un magnifico bambino di 7 anni che uno di questi giorni è venuto al C.A.E. con poca voglia di fare i compiti ed era triste perché il suo quaderno non aveva più pagine bianche per completare gli esercizi di matematica. Quando gli ho fatto vedere un quaderno nuovo “pronto per lui” ha fatto un sorriso grandissimo e ha ripreso a fare i compiti con la sua solita passione.

La povertà rende la quotidianità incerta delle necessità basiche; come la realtà di Andrea una bambina di 10 anni che, non avendo un pasto sicuro quotidiano, ha cercato una sua personale soluzione recandosi ogni giorno da un signore che gli dava, in cambio di alcune prestazioni, un po’ di riso e 2-3$ dollari per lei, la sua mamma e i suoi 5 fratelli. A volte la povertà economica, se non è accompagnata con rispetto, può portare a scegliere stili di vita che non si vogliono e che portano all’infelicità. Di fronte a queste due realtà quella che continua “rimbalzare” nei miei ricordi è la ricerca constante di Dayana del volto di Gesù.

Quando sono arrivata in questa parrocchia ho iniziato partecipare a un gruppo biblico di uno dei barrios più lontani della parrocchia dove ho conosciuto Dayana che con i suoi 7 anni mi aveva chiesto: “¿Lorenza, tu ves Jesús? Porque lo siento mucho yo no” (Lorenza, tu vedi Gesù? Io no…mi dispiace molto). Sempre lei un sabato di due mesi fa, mentre stava aspettando la sua ora di catechismo, mi dice: “Lorenza, quiero confiarte algo: Este texto sobre la llamada de Samuel lo leo casi todos los dias, es mi preferido, pero no entiendo el porque sigo si sentir la voz del Señor” (Lorenza , voglio confidarti una cosa: questo brano sulla chiamata di Samuele lo leggo quasi tutti i giorni, è il mio preferito, ma non capisco il perché continuo a non sentire la voce del Signore). Dayana così piccola e con la voglia di incontrare il Signore, nonostante la sua povertà economica e culturale che tutti i giorni vive in casa. Personalmente Dayana mi sta accompagnando a comprendere che nella povertà una persona cerca di incontrare Dio ponendo nel suo volto la Speranza di un presente e un futuro migliore.

Mentre il fango ci stava sporcando le bici e i moscerini si attaccavano al nostro corpo come colla, Byron mi ha detto: “La pobreza nos acerca a Dios” (la povertà ci avvicina a Dio). Da sabato mi sto portando dentro questa frase cercando di sminuzzarla bene per comprenderla nella stessa intimità che Byron me l’ha condivisa. Fino ad oggi sono arrivata a questo pensiero: vivere nella povertà economica mi può aiutare, no per essere più vicina ai poveri, ma per essere più vicina a Dio. Se mi privo delle cose che non sono vitali, se vivo come San Francesco del Puro Vangelo confidando nella Provvidenza inizio a toccare con più verità Dio. Non si è poveri solo per essere testimoni di una Chiesa che si fa povera con i poveri, si è poveri per iniziare a vivere gli stessi sentimenti di Gesù che si è fatto povero in Dayana, Guido, Andrea e in tanta altra gente che tutti i giorni incontriamo. Purtroppo non ho fatto grandi studi teologici (a dire il vero il corso laico che avevo provato frequentare di notte a Padova, mi aiutava a far “ riposare” con un sano sonno, le mie stanchezze giornaliere), ma qui la “teologia di tutti i giorni” mi sta dicendo che se voglio incontrare fino all’estremo della mia intimità Dio, devo iniziare a togliere dalla mia vita tutta la parte economica che distoglie il mio tempo e i miei pensieri da Dio.

Come Chiesa, come parrocchia, dobbiamo entrare in preghiera nella povertà di Guido, Dayana e soprattutto Andrea per accompagnarli a non disprezzare questa parola, ma attraverso la nostra delicatezza, la nostra presenza, le nostre attenzioni, la nostra voglia di fare i compiti con loro e di giocare dobbiamo far sperimentare il Dio che la nostra povertà ci ha fatto conoscere.

Oggi sento che è importante conoscere la povertà, non per la testimonianza che si può dare alla gente del mondo, ma per incontrare la vera intimità con Dio che mi può aiutare a comprendere di più le diverse povertà delle persone che ogni giorno incontro, soprattutto quelle che a volte non comprendo perché sono fuori dai miei canoni di servizio alla Chiesa.

Spero che questo desiderio di arrivare alla fonte della povertà possa accompagnarmi per molto tempo, soprattutto in questa Settimana Santa.

Lorenza

 

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