TURBOLENZE DI EMOZIONI

Quito, 24 maggio 2012

 

Venerdì 27 aprile per la prima volta viaggiavo per la città di Quito, con la mia nuovissimapatente nel portafoglio, per raggiungere l’Università Cattolica dove frequentavo il corso di spagnolo. Quel giorno ritornando dalla Facoltà avevo un piacevole e importante impegno all’aeroporto “Mariscal Sucre”: arrivava il mio amico Massimo per farmi visita! Siamo stati allegramente insieme per tutto il weekend, scorrazzando per le vie della parrocchia e quelle della capitale.

Non è mi capitato spesso di dover attendere presso gli spazi “Arrivi Internazionali” di un aeroporto. Questa volta ero arrivato con largo anticipo. Ho avuto modo di vivere emozioni particolari: l’attesa di un amico che viene da lontano per farmi visita e l’ascolto di altre attese che mi circondavano. C’erano famiglie intere (o quasi…) che varcavano la soglia di quella porta automatica per venire ad accogliere un loro caro, familiare o amico, di rientro dal lavoro all’estero.

Mai avrei pensato che quegli spazi così anonimi potessero essere riscaldati dai forti sentimenti di chi vive sperando l’abbraccio di chi se n’è andato lontano per un lungo periodo. Mentre la gente si assiepava dietro i cordoni che delimitano gli accessi, alzavo gli occhi verso uno dei monitor che aggiornano gli arrivi degli aerei per osservare se tutto era in regola. E invece no! Veniva annunciato un ritardo di 17 minuti di quel beneaugurante volo da Panama. “Eh no, porca miseria! Te pareva…” ho trattenuto fra i denti…

Erano solo pochi minuti in più ma per chi è attende sono comunque un’ eternità. E così ho continuato ad indugiare tremando di emozione assieme a quei due piccoli, presumo fossero fratellini, che avevano oltrepassato i limiti consentiti, ponendosi belli felici in quello spazio destinato al transito dei passeggeri in uscita. Uno teneva in mano la macchina fotografica e l’altro un mazzetto di fiori con un cartello su cui era scritto “Bienvenida Mamita”. Quanta tenerezza mi facevano quei due che attendevano la loro mamma che probabilmente sarebbe arrivata dagli Stati Uniti… E da quanto mesi non potevano stringersi in un abbraccio? Storie abbastanza ordinarie qua in Ecuador fra gente che va all’estero (USA, Spagna, Francia, Italia) per cercare un lavoro più redditizio e chi rimane ad attendere e molto spesso nel caos dell’abbandono, di una vita parallela e disordinata. Anche nella nostra parrocchia ci sono numerose famiglie che hanno uno o più componenti emigrati: spesso i piccoli vengono lasciati alla custodia dei nonni o degli zii, che per quanto siano responsabili, non sono in grado di supportare un’educazione adeguata. Chissà ancora per quante volte quelle creature dovranno riaprire quella scritta per dare la bienvenida alla mamma…

E passando alla vita della Comunità…

Siamo prossimi alla Festa della Parrocchia che quest’anno ricorda i 14 anni della fondazione. Un evento che si celebra sotto il manto della Mamma del cielo alla quale daremo omaggio con un pellegrinaggio a piedi (o in bus per chi sa già di non farcela…) al Santuario della Vergine del Quinche, meta cara agli ecuatoriani anche per il fatto che è la patrona della Nazione stessa. In seguito i festeggiamenti (Messa all’aperto, pranzo comunitario, giochi, danze tipiche, musica…) saranno nella grande piazza della nostra chiesa parrocchiale per tutta la giornata della domenica. Noi missionari speriamo che anche attraverso questa tappa continui ad edificarsi la Comunità che tuttavia è in crescita e per questo a volte fragile. Confidiamo soprattutto sul soffio della Pentecoste che proprio in quel giorno si abbatterà sulla tutta Chiesa portando abbondanti doni.

La salute non mi abbandona mai, grazie a Dio. Sembra che il pazzo clima della Sierra mi si addica…

Alla prossima e tantissimi saluti a tutti!

don Saverio

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